“ Celebrando” una sconfitta
Due anni fa
abbiamo voluto celebrare la vittoria di una squadra di calcio che, grazie al
suo talento, aveva conquistato un terzo importante trofeo; oggi desideriamo rendere omaggio a questa stessa squadra,
uscita prematuramente dal Campionato del mondo di Calcio che si sta disputando
in Brasile.
Essere campioni
del mondo ed essere eliminati dopo aver disputato solo due partite, può
sicuramente demoralizzare, amareggiare, ferire: in effetti i giocatori della
suddetta squadra hanno pianto, hanno sofferto, hanno provato dolore e
delusione, persino hanno "litigato" , come può accadere in un
qualsiasi gruppo quando le cose non vanno bene: si tratta di persone, di uomini
e, come tali, hanno un cuore, presentano virtù e limiti. La sconfitta e il fallimento, in tal
senso, possono costituire un' esperienza
" positiva" , vorremmo dire, educativa, l’occasione per verificare
l’autentica umanità della persona, il
suo vigore morale. Per comprendere ciò e' sufficiente volgere l' attenzione ad
uno dei giocatori, il più rappresentativo in quanto artefice del trionfo
mondiale di quattro anni fa e di quello europeo. Ebbene, dopo le due sconfitte,
egli ha pianto, non ha nascosto tutto il suo dolore: il suo sguardo triste, “
perso” traduceva perfettamente una sua affermazione: “non ci sono parole per
spiegare la delusione e il fallimento”.
Al di là del
denaro, della fama, della popolarità, vi è l’umanissima tristezza di chi,
preparatosi con impegno e animato dal desiderio di coronare i suoi sforzi, alla
fine si è visto superato, sconfitto, calcisticamente umiliato. Ma nel frattempo
abbiamo potuto ammirare l' assunzione di responsabilità: mai una parole contro
qualcuno o qualcosa, piuttosto l’ammissione della propria inadeguatezza come di
quella di tutta la compagine. Non solo,
nell' ultima partita, la sua centesima partita, non ha in alcun modo voluto
attribuire valore al pur importante
traguardo personale, ma ha giocato da par suo, impegnandosi e dimostrando le
sue indiscutibili qualità tecniche: si trattava di una partita inutile, l'
ultima prima delle tanto agognate, e purtroppo premature vacanze, eppure non ha esitato a dare tutto
se stesso, come sempre, insegnando che la sconfitta, per quanto dolorosa, non
detta la parola definitiva, anzi, può trasformarsi in una preziosa opportunità
per misurare la propria forza, la propria tenacia, oseremmo dire, la grandezza
di cuore; il giocatore di cui parliamo possiede tutto questo, come abbiamo
potuto constatare in più di una circostanza, non ultima quella legata alla
morte del figlio che la moglie attendeva.
Ci sono due
momenti emblematici, immortalati da altrettante fotografie. Al termine dell’ultima partita, il suddetto sportivo si avvicina al
suo allenatore e lo abbraccia: un abbraccio tenero, intenso, con il capo chino
sulla spalla di colui che lo ha guidato ai trionfi; non era l' abbraccio tra un
allenatore e un suo giocatore, ma tra un padre e un figlio, come confermato da
quella carezza sul capo del suo giocatore da parte del mister.
L' altro momento
e' stato altrettanto toccante: tornato a casa, amareggiato, affranto, forse
preoccupato,umanamente preoccupato per il suo futuro calcistico, come primo gesto ha sollevato la sua
figlioletta, il suo più grande trofeo e, subito dopo, si è allontanato
dall'aeroporto accompagnato da suo padre e da sua madre che, premurosa come
tutte le mamma, reggeva i bagagli del figlio!
Sì, il grande campione ha voluto anche, anzi,
soprattutto nel momento della delusione, aver accanto a sé le persone più care,
le uniche, insieme alla moglie, da cui si sente protetto ed amato, proprio come
accade a ciascuno di noi.
In fondo, al di
là delle vittorie, dei premi, delle coppe, ciò che conta veramente è la
famiglia con i suoi affetti, i suoi valori, la sua forza. La famiglia dà
sicurezza, gioisce e piange con noi, condivide i nostri successi, ci aiuta a
rialzarci nel fallimento.
I successi
sportivi possono riempire le pagine dei giornali per qualche giorno, per
qualche anno, ma la famiglia rimane, sempre, cammina con noi, ci sostiene e dà
senso alla nostra vita, è la ragione per cui siamo quel che siamo come uomini.
Il “ nostro”
giocatore lo sa bene, talmente bene che, qualche giorno dopo il suo arrivo in
patria, ha condiviso il suo tempo con ragazzi impegnati in un “ campus” da lui
stesso voluto e patrocinato per insegnare non solo la tecnica calcistica, ma
anche lo spirito di sacrificio, il
rispetto, la condivisione, l’umiltà, patrimonio valoriale, come lui stesso ama
dire, ereditato dai suoi genitori. Un piccolo dettaglio costituirà un ulteriore insegnamento per i “ suoi” ragazzi:
di fronte alla possibilità che il ruolo di “ primo capitano”, che spetterebbe a
lui di diritto, venga assegnato ad un suo collega, egli ha così risposto ad un giornalista: decide l’allenatore.
Una bella testimonianza per giovani impegnati nel loro percorso educativo e
formativo!!
Mentre i media
sono impegnati a celebrare squadre e campioni vincenti e i club a programmare
il prossimo campionato con cifre da capogiro, un calciatore, per altro
pluricampione ( 21 trofei vinti con la sua squadra, un campionato del mondo e
due d’Europa con la selezione nazionale), ci ricorda che la sconfitta, come la vittoria,
non costituisce l’ultima parola, non definisce la nostra vita: il senso della
nostra esistenza, il nostro stesso essere sono ben altro che una coppa, un
trofeo, un “ pallone d’oro!!!
Desideriamo concludere
questa particolare “ celebrazione” di
una sconfitta con una frase, pronunciata dal “ nostro” calciatore:
Héroes
son los que luchan contra una enfermedad, o el que tiene que emigrar para dar
de comer a sus hijos… Yo soy un privilegiado que juega al fútbol y que a veces
tiene la suerte de hacer feliz a mucha gente metiendo un gol o dando un pase,
ayudando a ganar un partido. Y eso es lo bueno de esta selección, que hemos
dado un día de alegría a esos héroes anónimos sin muchas ocasiones para sonreír
(
Eroi sono coloro che lottano contro una malattia o chi deve emigrare per dar da
mangiare ai suoi figli..Io sono un privilegiato che gioca al calcio e che a
volte ha la fortuna di far felice molta gente facendo un gol o con un
passaggio, aiutando a vincere una partita. Ciò che è buono di questa squadra è
aver dato un giorno di allegria a questi eroi anonimi che non hanno molte occasioni
per sorridere)