mercoledì 11 dicembre 2013

Lo sport: i valori possibili

Questa settimana, come tradizione, prede avvio il “ Torneo Giovanile Karol Wojtyla” che ha ormai assunto una dimensione internazione per la provenienza delle squadre.
Giovanni Paolo II, lo sappiamo era molto vicino al mondo dello sport, come dimostrano innumerevoli discorsi, incontri, dialoghi.

Lo sport è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del tecnicismo e dal professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura degli uni verso gli altri, come espressione della ricchezza dell’essere, ben più valida e apprezzabile dell’avere, e quindi ben al di sopra delle dure leggi della produzione e del consumo e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica ed edonistica della vita.  .. [ 12 Aprile 1984 ]

Queste parole pronunciate da chi ben conosceva il valore dello sport, sono da considerarsi utopistiche, espressione di una visione ideale, magari auspicabile, ma non certo reale? In un mondo dove tutto sembra ruotare intorno al denaro, alla fama, al successo, come quello dello sport, del calcio in particolare, ha ancora senso parlare di uno  educazione, di “ valorizzazione della persona umana, di rispetto e responsabilità? Oppure il cinismo, l’individualismo, l’esasperazione della vittoria costituiscono la cifra ormai distintiva di tale mondo?
Ad uno sguardo superficiale, parrebbe che l’ambiente dello sport, specie professionistico, non sia immune dalla crisi di valori che coinvolge la società contemporanea. Le cronache sportive, del resto, registrano episodi di violenza, di razzismo, ma anche esempi di trasgressione in campo e fuori,  non certo modello per i nostri giovani. Tutto vero. Aggiungiamo poi che nello sport, nel calcio in particolare, sono oggetto quasi di “ culto”,  personaggi mediatici, diremmo, capaci di “ bucare lo schermo non solo per le loro abilità: acclamati, esaltati, “ idolatrati da tifosi e media.

Ma lo sport non è solo questo!! Se si osserva con uno sguardo non parziale e distratto, si possono cogliere parole e gesti che nobilitano anche l’attività sportiva, anche un ambiente, quello del calcio, i cui protagonisti appaiono sempre di più solo come divi milionari. Ci riferiamo a gesti che, nella loro semplicità, rispondono in qualche modo al messaggio di Giovanni Paolo II.
Ecco alcuni esempi.
Al termine di una partita di calcio, il capitano della squadra vincitrice della Liga Spagnola ( il nostro Campionato di calcio), invece di alzare il trofeo, secondo tradizione, ha chiamato accanto a sè un suo compagno di squadra e l’allenatore: ha voluto, in accordo con tutti i suoi compagni, che loro due alzassero la coppa, loro che avevano combattuto una dura battaglia contro il cancro. Ciò ha un enorme significato, soprattutto per un mondo in  cui hanno valore solo il risultato, la vittoria, la fama, il riconoscimento, i premi, il denaro, l’efficienza fisica. Con un simile gesto, il capitano ed i suoi colleghi hanno dimostrato che ciò che conta è la “ vita”, quella reale, fatta di sofferenza, di dolore, di speranza; la vera vittoria non è quella conseguita sul campo, ma nella lotta quotidiana dell’esistenza, soprattutto quando questa è segnata dalla malattia, dalla debolezza, dalla paura. E il successo sportivo, così, diventa momento di condivisione, momento di amicizia, momento di autentica gioia, proprio perché fondato su valori non effimeri, ma profondamente umani.

Ma in quella serata, così speciale, un’altra immagine ha offerto un esempio di come lo sport dovrebbe essere vissuto: i giocatori, in mezzo al campo, hanno festeggiato con i loro bambini, con loro hanno ammirato lo spettacolo dei fuochi artificiali, con loro hanno voluto gioire. Anche in questo caso, non possiamo non cogliere una piccola lezione di umanità: la famiglia, gli affetti, la paternità ( in questo caso), rappresentato il cuore, l’essenza della vita. Sul campo si gioca, si lotta per ogni pallone, si perde e si vince, ma alla fine ciò che rimane, ciò che dà senso alla vita anche di questi campioni, è tutto racchiuso in quell’abbraccio tra una figlia e il suo papà. Del resto, uno di questi campioni, ad una domanda specifica così rispose: “la piccola mi dà la vita intera!!” Chi  ha così chiosato, è anche colui che, nel momento più alto della sua carriera, quando ha segnato in Sud Africa il gol che ha dato il Mondiale alla sua squadra, ha voluto “condividere” la sua gioia con l’amico scomparso l’anno prima, un  calciatore che militava nella squadra rivale della stessa città: quella maglietta con la scritta “ D.J sempre con noi” raccontava di un giovane giocatore che, neppure nel momento del massimo trionfo, poteva dimenticare l’amico e il dolore per la perdita. 
E qualche giorno ha voluto ricordare Nelson Mandela che egli incontrò per due volte. Nel 2007, mentre gli altri giocatori preferirono riposarsi in hotel, egli, insieme ad altri tre colleghi volle incontrare il grande leader recentemente scomparso…Tutto questo nella discrezione e nel nascondimento, lontano dai riflettori mediatici che catturano ogni gesto del campione di turno!!

“Vivete da uomini che restano tra loro amici e fratelli anche quando gareggiate per la “corona” di una terrena vittoria! Stringete le vostre mani, unite i vostri cuori nella solidarietà dell’amore e della collaborazione senza frontiere! Riconoscete in voi stessi, gli uni negli altri, il segno della paternità di Dio e della fratellanza in Cristo! “ , così Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo Internazionale degli sportivi ( Stadio Olimpico 12 Aprile 1984).

Non stupisce, allora, che un tale giocatore, uno dei migliori al mondo, sia applaudito in tutti gli stadi spagnoli, ma non solo: in Francia ed in Scozia i tifosi della squadra rivale, per altro sconfitta, si sono alzati in piedi per attribuirgli una commovente ovazione, un’ovazione al calciatore, al suo talento, ma soprattutto un’ovazione alla persona, al suo essere, alla sua umanità, alla sua semplicità ed umiltà.  Certo, anche lui guadagna molto, ma è anche vero che ha investito il suo denaro per acquistare un terreno per la coltivazione della vite ed ha creato un’azienda vinicola nella sua regione d’origine,  per altro non particolarmente ricca; sostiene economicamente la squadra in cui ha mosso i suoi primi passi da calciatore….e altro ancora. La ricchezza, come si può constatare, può diventare fonte di bene, occasione per aiutare gli altri, strumento per promuovere il lavoro e, quindi l’uomo. Anche un campione che ha vinto 21 trofei a livello nazionale e internazione con la stessa squadra, tre con la nazionale del proprio Paese ( 2 europei ed un m mondiale), può incarnare valori autentici a cui i giovani possono guardare per crescere secondo l’autentico spirito sportivo, così spesso invocato da Beato Giovanni Paolo II.


Dedichiamo questo post ad un campione molto speciale….anche senza “Pallone d’oro”. 

martedì 10 dicembre 2013

Le Braccia della Madre

Ogni uomo di fronte alla Madonna sperimenta qualcosa di indicibile, qualcosa che coinvolge tutti i suoi sensi e il suo intelletto, senza che sia però capace di trovare parole adeguate per  comunicare tale esperienza. Non è un caso che i grandi mistici ricorrano alla preghiera, precisamente  allo spirito contemplativo che da essa scaturisce. Come spesso viene ricordato, lo stesso Dante, di fronte alla Bellezza di Maria, fa pronunciare a S.Bernardo una delle preghiere più stupende che mai siano state scritte.

«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.  Pd. XXXIII

In queste terzine dantesche troviamo tutta l’essenza , tutta la vertiginosa profondità di un Mistero divenuto dono per l’umanità.
“ Figlia del tuo figlio”: ricordando il passo dantesco, il beato Giovanni Paolo II,  coglieva, proprio nella totale appartenenza a Cristo, l’unicità della maternità di Maria: “ Ella riceve la vita da Colui al quale ella stessa diede la vita” ( Redemptoris  Mater, 10).
 Eletta da Dio,  Maria entra nel disegno salvifico proprio in forza della donazione totale di sé, del suo essere pienamente e totalmente immersa nel Mistero di Dio.   Ella è la creatura più “ alta”, più elevata proprio in virtù del suo essere “ umile”: “ si è abbandonata a Dio completamente, ha risposto con tutto il suo “io” umano, femminile” ( Redemptoris Mater”), cooperando così con la Grazia di Dio che sempre ha agito in Lei.
Nella carnalità di una donna, nel suo “ ventre”, l’Amore si è reso visibile all’umanità, in Lei è stato nutrito “ col suo sangue” , in lei è stato “custodito nell’estasi”. Karol Wojtyla, in una sua poesia, farà dire alla Madre di Dio: “ cresceva nel mio cuore in silenzio, come Nuovo Uomo/ tra i miei stupiti pensieri ed il lavoro quotidiano delle mie mani”. Maria, una madre, la Madre che condivide ogni istante della sua vita con il Figlio,  la Madre che ne scruta i pensieri mentre, come scrive Karol Wojtyla, “ in Lei il Figlio si “ avvezza ai pensieri dell’uomo”:  questa Madre, umanissima nel suo essere “ mamma” ( “ Figlio mio – nel villaggio dove tutti ci conoscevano entrambi/ mi dicevi “ Mamma” “, Stupore davanti all’Unigenito)  sperimenta la “ pienezza materna/ la pienezza che ignora sazietà” nel sentirsi toccata dallo sguardo del Figlio che penetra nella profondità del cuore di ogni uomo, del suo in modo così speciale. Ella, come una madre, ci ricorda sempre il futuro Papa, negli occhi del Figlio riconosce “ il lampo del cuore”, lo svelarsi del “ mistero dell’uomo” ed allora ecco che la sua maternità  si fa preghiera, si fa contemplazione: “ io resto tutta assorta nel tuo Segreto”, così dichiara la Madre a cui Giovanni Paolo II,  giovane sacerdote che, nell’affidamento a Maria, aveva riposto tutta la sua esistenza. E tale affidamento, questo suo “ essere di Maria” costituirà l’essenza più profonda del suo essere, del suo agire, del suo soffrire e del suo morire. Oggi, possiamo dire, anche della sua santità.
Giovanni Paolo II, il Papa che ha introdotto la recita del rosario il primo sabato del mese, da lui stesso guidata ovunque andasse, il Papa che ha voluto che l’immagine di Maria vegliasse per sempre sui fedeli  in piazza S. Pietro, il Papa della Consacrazione del mondo a Maria, è soprattutto il Papa che, “ totalmente assorto” nel Segreto della Beata Vergine, umilmente ha messo nelle Sue mani l’intera sua esistenza nella certezza che solo le braccia della Madre possono condurre alla Meta, cioè al Figlio; solo le braccia della Madre donano speranza e rendono certi i passi; solo le braccia della Madre non rendono vana la fatica.
Senza di Lei, senza la sua intercessione, ben poco potrebbe fare l’uomo, anche il più illuminato, anche il più saggio, anche il più capace. Il beato Giovanni Paolo II, con la sua stessa vita, è divenuto per l’umanità l’icona di un così potente affidamento: egli sapeva che solo  tra le “ braccia della Madre” tutto era possibile, persino ciò che gli uomini potevano ritenere impossibile. La storia, lo ripeteva sempre, non è il prodotto dell’azione dell’uomo, ma della presenza sconvolgente, commovente e vertiginosa di Maria, l’Immacolata.  E noi siamo stati testimoni di tutto questo!!!

“ Nella vita e nella morte tutto tutto tuo, Gesù, mediante l’Immacolata”