sabato 6 luglio 2013

Contemporanei di un Santo

“E così m’iscrive in Te la mia speranza,/ fuori di Te non posso esistere” ( Meditazione sulla morte)

Contemporanei di un Santo

Ormai è  ufficiale: Giovanni Paolo II sarà santo!! Il nostro cuore è lieto, la nostra gioia immensa e l’emozione indicibile!!
Otto anni fa, quando dall'immensa folle si alzò, imprevisto ed inedito, quel grido “ Santo Subito”, pochi, forse, credevano che un tale desiderio si sarebbe potuto concretizzare nell'arco di pochissimi anni. Eppure, nel 2011, a soli sei anni dalla morte, Giovanni Paolo II è stato proclamato Beato, e nei prossimi mesi,  sarà canonizzato. Un vero record, direbbe qualcuno. Ma, in questo caso, è improprio misurare  in termini casistici ciò che non è ascrivibile a logiche meramente razionali.
Perché Giovanni Paolo II  presto sarà proclamato Santo? Perché questo avrà luogo a pochi anni dalla morte? Innanzitutto siamo in presenza di un Segno e questo Segno non proviene da un giudizio degli uomini, ma di Dio: il miracolo, suggello divino che, per chi crede, costituisce l’”imprimatur” solenne, inequivocabile, definitivo.
Dio non valuta, non giudica, non definisce secondo  leggi umane, e, tanto meno, secondo sensibilità personali che, spesso, si riducono a misurare efficienza, efficacia e correttezza dell’operato. No, non sono questi gli “ occhi” di Dio, non sono questi i criteri del Padre.  Dante lo aveva già intuito al punto da collocare nel Regno Infernale figure irreprensibili o comunque “innocenti” secondo parametri umani, Papi innovatori e “ rivoluzionari”: Celestino V che preferì una vita eremitica al potere papale ( girone degli Ignavi),Bonifacio VIII, il Papa del Primo Anno Santo;  Francesca da Rimini, sostanzialmente vittima delle prepotenze del padre e del fratelli ( girone dei lussuriosi) sono solo alcuni degli esempi. Un pagano, per di più suicida, è invece designato “ guardiano” del Purgatorio e ad uno scomunicato ( Manfredi, figlio dell’Imperatore Federico II) viene affidato il compito di  indicare  il vero volto di Dio  (“Orribil furon li peccati miei;/ma la bontà infinita ha sì gran braccia,/ che prende ciò che si rivolge a lei”);  Cunnizza da Romano, donna nota per le sue  avventure amorose,  diventa, nel Paradiso, icona dell’amore, così come Raab, prostituta di Gerico . Ci siamo permessi di citare il Grande Poeta per dimostrare quanto sia vano cercare risposte rassicuranti a circostanze che decisamente sfuggono ad ogni categoria interpretativa, seppur  razionale. Abbiamo motivo di pensare che la prossima canonizzazione di Giovanni Paolo II rientri tra queste circostanze.  Noi, quindi, non abbiamo la pretesa di spiegare, di analizzare le ragioni di un processo così rapido, potremmo dire, di una santificazione “per acclamazione”, proprio come avveniva ai tempi di Dante , ma di un fatto siamo certi: la canonizzazione del “ nostro” Papa, accresce la responsabilità di quanti, anche per l’età, si considerano “ suoi figli”.
In  noi il ricordo del Grande Papa è ancora vivissimo, ne ricordiamo con estrema lucidità i gesti, le parole, gli atteggiamenti, quel suo sorriso capace di abbracciare tutto e tutti; la sua voce risuona in noi non come memoria d’archivio storico, ma viva, reale;  ricordiamo pure, con dolore, ma anche con fierezza, il suo sguardo vigoroso, profondo, intenso mentre il suo volto, il suo corpo sembravano divenire giorno dopo giorno un fardello troppo pesante.  Ora possiamo dire che siamo stati “ contemporanei” di un Santo che ha condiviso con noi una parte essenziale della nostra esistenza.  La Grazia concessa alla nostra generazione, enorme, forse unica, appare talmente straordinaria  da provocare un sussulto stupito, vertigini emozionali e spirituali.  Diciamo questo con tremore, consapevoli che un simile “privilegio” non ha senso se non si traduce in una responsabilità, se possibile,  ancora più cogente, impegnativa, ineludibile: a noi spetta il compito, ora più che mai, di essere testimoni della santità di Giovanni Paolo II, il che significa vivere secondo quell'anelito che portava Karol Wojtyla, giovane sacerdote e Vescovo, a “ dare del Tu” al Suo Signore, un “ Tu” che si trasfigurava in un amore accolto e donato da parte di un uomo costantemente immerso nell’ Amore di un Dio, così proteso verso l’uomo da non indietreggiare di fronte alla debolezza e alla fragilità umane “ E Tu, ogni giorno, torni a moltiplicare/ la mia impotenza,/ sottomettendo la Tua Infinità/ al mio fallibile pensiero” ( Canto del Dio nascosto); significa affidarsi a Dio, testimoniare la bellezza e la grandezza di quel “ Gesù confido in Te” su cui il Beato Giovanni Paolo II ha riposto tutta la sua esistenza totalmente ascritta dentro quel “ Totus Tuus”, ancora più tangibile nel momento dell’accettazione della Croce. 

Siamo chiamati, pertanto, non solo a fare conoscere la straordinaria figura di Giovanni Paolo II, il suo ancora poco diffuso insegnamento, ma soprattutto a vivere con pienezza la nostra “ figliolanza” nei confronti di colui che continua a esserci padre e amico. Non è una sfida, è una GRAZIA!!