giovedì 28 giugno 2012


Giovanni il Battista tra umiltà e furore

In questi anni si ricorre spesso ad aggettivi quali “ mite” e “ umile” per indicare una personalità dall’alto profilo morale e spirituale. E’ legittimo subito porsi una domanda:  che cosa si intende oggi per “ mitezza”e “ umiltà”? Secondo l’opinione corrente, umile e mite è colui che, nei modi e nello stile, assume atteggiamenti sobri, controllati, mai eccessivi. Costui non alza mai la voce, non varia la tonalità del timbro, se non in casi eccezionali e, per lo più, calcolati; non “ batte i pugni sul tavolo” ,  non manifesta mai la propria indignazione o il proprio pensiero con  improvvisi moti di impeto e ardore, mentre mantiene sempre,  anche nei momenti più gravi, un portamento attento, lineare e misurato. In tutto ciò si può cogliere una chiara e precisa visione:  da una parte si nega  forza evocativa ad ogni segno che non sia la parola, la parola filologicamente rigorosa ed esaustiva, dall’altra si identifica il “bene” con tutto ciò che non ecceda oltre certi limiti. La sobrietà dei modi, delle forme, degli stili diventa così sinonimo di mitezza e umiltà.

Le cosa stanno veramente in questi termini?

Giovanni Paolo II, attraverso la figura di Giovanni il Precursore,  ci aiuta a comprendere che cosa siano veramente l’umiltà e la mitezza, virtù fondamentali non solo per il cristiano.

Il Battista, ricordava il beato Giovanni Paolo II, era un uomo di straordinario impeto profetico, animato da quella vera audacia che non lo fermava davanti al male e al peccato, da lui denunciati con vigore e forza uniche. Egli “interpellava gli uomini nel loro intimo,  li scuoteva nelle loro certezze e li trasformava, li strappava dalla superficialità di un atteggiamento materialistico puramente terreno”. [ Omelia presso Istituto Teutonico S.Maria dell’Anima, 24 Giugno 1990] E faceva tutto questo non mediante sottili e sofistiche argomentazione, ma con l’audacia del suo fervore, della sua forza, persino talvolta violenta e irruenta, segno di una radicalità estrema: dava scandalo per i suoi modi, per il suo grido, per la sua ira, ira profetica, appunto. Forse noi oggi faremmo fatica a riconoscere in Giovanni un uomo umile  mite!!
Wawel, [pellegrinaggio amicibrescianiGPII]
 Eppure, spiega il Papa, Egli era consapevole di essere “solo colui che indicava la via verso il Regno di Dio”: era, usando un efficacissima immagine di Giovanni Paolo II,  come una “diapositiva  sulla quale sono indicati un nome e una verità. Resta oscura finché una fonte luminosa non viene accesa dietro ad essa”.  Giovanni il Battista”, nel suo farsi “ diapositiva”, ha testimoniato quindi l’unica strada attraverso cui è possibile vedere  Gesù, la Luce di Dio; questa strada è l’umiltà, quella vera, quella che rifugge da idealizzazione o banalizzazione della stessa sobrietà, così spesso oggi invocata.  L’umiltà, infatti, non è una questione di stile, né tanto meno di portamento, è qualcosa d’altro, di totalmente altro. E’” riconoscere la volontà di Dio”, affidarsi al Suo Amore in cui è rivelata la Verità di noi stessi e del nostro essere dentro la storia. 

 Come sempre ricordava il Grande Papa, “questo richiede da noi umiltà e la consapevolezza che l’uomo non possiede la misura di tutte le cose. L’uomo, da solo, non può nulla, ma in Dio tutto può.  IL Battista viveva tutto questo nella sua carne, dentro i suoi” scatti” impetuosi e “fuoriosi”

 Purtroppo , nella nostra supponenza, talvolta ammantata  ipocritamente di stili sobri, “ Cediamo troppo facilmente alla convinzione che tutto possa essere fatto, il cielo come la terra, anzi l’uomo stesso, sempre secondo la nostra propria immagine e somiglianza”.  Incapaci di volgere lo sguardo verso la Luce, incapaci di “ fare un passo indietro” e di ammettere la nostra impotenza,  ci sentiamo i depositari della verità,  il metro di ogni pensiero, di ogni morale e di ogni diritto,mentre non ci rendiamo conto che “ tutti possiamo sperimentare nella vita la potenza e la bontà di Dio, quando abbiamo fiducia in lui e ci sforziamo seriamente di compiere la sua volontà”.
Pieni di noi stessi, anche quando siamo misurati e controllati,  non ci accorgiamo quanto  “La grandezza umana sia niente in confronto alla piccolezza che è chiamata a partecipare della grandezza e della santità di Dio”.

Già nel 1990, il Papa, con la propria solo dei profeti, constatava il livello di disumanità a cui era giunto l’uomo contemporaneo  incapace di  autentico “ atteggiamento di umiltà”. ( cfr Omelia Istituto Teutonico, 24 Giugno 1990)

I profeti spesso “ gridano nel deserto ” , gridano veramente,  animati da un fuoco incontenibile e spesso incomprensibile ai più; in loro è riconoscibile quell’ira che, come dice il protagonista de “ Fratello del nostro Dio”, deve solo essere educata, quando è giusta ,per “ fare in modo che maturi e si manifesti come potenza creativa”. E proprio dentro questa loro forza debordante, frastornante rivelano a noi, umanità “ sobria, ma smarrita” del XXI secolo la vera essenza dell’umiltà: appartenete totalmente a Dio, mettersi in Lui , vivere di Lui.
Il grido di Giovanni Paolo II nella Valle dei templi, i suoi occhi “ infuocati” in America Latina, la sua voce forte e vigorosa tra i giovani, i suoi gesti dirompenti e smisurati di fronte ad ogni creatura umana, fosse anche un ex prostituta o il proprio attentatore,  non erano altro che segno di un Amore che non poteva essere racchiuso dentro forme stereotipate e misurate. Questa è la vera umiltà di cuore, questa è la vera mitezza di spirito!!


giovedì 21 giugno 2012


Spie e tradimenti

In questi giorni sono stati pubblicati in Italia due volumi di estrema rilevanza: “ Karol Wojtyla spiato” di Marek Lasota e “ La fine e l’inzio” di G. Weigel. Soprattutto il primo merita una particolare attenzione; ne daremo conto al temine della lettura, ma già dalle prime pagine è impossibile non provare stupore, incredulità di fronte ad una  realtà, ad  un mondo a noi totalmente sconosciuto, o meglio, solo immaginato, ma non mai comprovato da documenti ufficiali.
Cracovia, Seminario Maggiore
 [ Pellegrinaggio in Polonia, amicibrescianigpii]
Sono impressionanti la qualità e la quantità di forze messe in campo dai Servizi Segreti Polacchi e Sovietici contro la Chiesa Polacca. Una rete capillare di agenti, di spie addestrate e manovrate attraverso sottili metodi psicologici e ricattatori, ha agito per più di 40 anni all’interno degli organismi della Chiesa le cui decisioni,  azioni, discussioni, iniziative..e molto altro, venivano regolarmente registrate e riferite ai responsabili della “ Sicurezza”. Come detto, ritorneremo su questo importante lavoro di ricerca storica, ma già da ora possiamo dedurre due elementi veramente sensazionali e inquietanti

1.    I Servizi reclutavano il loro “ personale”  anche all’interno della stessa Chiesa, soprattutto sacerdoti che, per i loro incarichi, potevano “spiare” e controllare meglio Vescovi considerati pericolosi per il potere: tra questi, come vedremo successivamente, Mons. Wojtyla, per altro sotto stretta sorveglianza fin dai tempi in cui era semplice sacerdote
2. Le relazioni di tali “ collaboratori” e agenti del regime erano molto circostanziate, nulla a loro sfuggiva e tutto veniva utilizzato per perseguitare, processare e condannare esponenti della Chiesa, laici e religioni.
Nelle prossime settimane daremo conto di ciò che ora abbiamo solo superficialmente  introdotto.

Vogliamo però concludere con quanto scrive G. Weigel nell’ultima biografia dedicata al Grande Papa: “ Immense risorse umane e finanziarie furono utilizzate nella lotta comunista contro Wojtyla e, dopo la sua elezione a Papa, contro la Chiesa da lui guidata…. La guerra contro Wojtyla comprese un’ampia campagna di corruzione, di ricatto e di reclutamento di informatori tra i suoi contatti in Polonia e a Roma….”
In queste settimane di polemiche e indignazioni, non solo mediatiche, è utile leggere  documenti che, questi sì, hanno fatto e fanno la storia, quella vera, quella che ha visto centinaia, se non migliaia di uomini e donne vittime di un’ideologia ostile a Dio, quindi all’uomo.  Non può infine non suscitare un moto di stupore constatare come Karol Wojtyla – Giovanni Paolo II, pur consapevole di quanto stesse accadendo intorno a lui, non abbia mai reagito o manifestato apertamente il proprio sdegno; egli infatti non ha levata la voce per il “trattamento” che a lui veniva riservato dal potere e dalla stampa avversa e non ha cercato “ paladini” che intervenissero a sua protezione; piuttosto levava alta la sua voce in difesa del suo popolo, della sua gente, dei suoi giovani che proteggeva in ogni modo, senza se e senza ma. Ciò è dimostrato dal fatto che, solo dopo la sua morte, siamo venuti  conoscenza di  quanto potente e invasivo fosse il nemico contro cui il Papa e la Chiesa dovevano combattere. Lui sapeva e conosceva i “ suoi” traditori, eppure è andato avanti come se non lo turbassero, come se non rappresentassero alcun ostacolo per la missione che gli era stata affidata.
Guidato da una fede incomparabile e da un acume veramente raro, Karol Wojtyla – Giovanni Paolo II, è riuscito a non farsi condizionare dagli accadimenti e, forte solo della sua immensa fiducia in Dio, ha contribuito a cambiare le sorti del suo Paese non contando sulle forze, sulle sue capacità, ma solo “mettendosi”nelle mani di Colui che tutto può!!



domenica 17 giugno 2012


Io credo tuttavia che l’uomo soffra soprattutto per mancanza di visione.[ K. Wojtyla, Pensiero-strano spazio, Giacobbe ]



“Addio profondo vecchio,
fatta di vertici che tutti hanno veduto.
Erano spine che entravano nell’anima
E diventavano fiori.
Abbiamo perso il cuore di Dio, il suo linguaggio:
eppure la sera
quando io dormo sola
allungo la mano verso di te.
E sei ancora lì che palpiti,
e non vuoi e non puoi morire”

Questi versi sono tratti da una delle poesie scritte dalla più grande poetessa italiana contemporanea, Alda Merini che ha voluto dedicare al grande Papa una delle sue ultime raccolte poetiche.

E’ legittimo chiederci che cosa unisse un Pontefice della Chiesa Cattolica ad una donna come Alda Merini, così tormentata, così provata da anni di internamento in un ospedale psichiatrico, spesso non compresa ed emarginata, eppure testimone di una fede travagliata quanto profondamente intensa.

Ciò che univa queste due grandiosi personalità era il loro essere poeti. Entrambi erano “ dotati” di quella facoltà considerata  essenziale dal Grande Poeta Dante, in un certo senso la più importante e decisiva, superiore anche qualità intellettuali; parliamo della capacità di “visione” che appartiene solo ai poeti, a pochissimi poeti: Dante, appunto, Shakespeare, Leopardi, Eliott, Milosz, Norwid. Costoro, anche a distanza, instaurano un rapporto che oltrepassa il tempo e lo spazio e unisce anime che il mondo considererebbe inconciliabili.. Tra i poeti, infatti, si instaura un legame, una simbiosi spirituale che investe tutta l’esistenza, nulla escludendo. In pratica, loro si “intendono” senza avere la pretesa, in alcuni casi ipocritamente presuntuosa, di voler spiegare tutto a tutti.
La vicenda di Alda Merini e Karol Wojtyla è in tal senso molto paradigmatica. Due personalità diversissime, eppure legate da un filo sottile quanto indissolubile; la grande poetessa, con tutto il suo tormentato e travagliato vissuto esistenziale, ha saputo riconoscere in Giovanni Paolo II ciò che neppure i più esperti, giornalisti e prelati, hanno saputo o voluto vedere.

Non bisogna stupirci, perché i poeti appartengono ad un “ altro” mondo pur essendo così ancorati a questo mondo, forse più di chiunque altro. Non vivono in un Iperuranio perfetto, ma dentro la storia a tal punto che non temono di “ sporcarsi le mani”. E Alda Merini così come Karol Wojtyla si è “ sporcata le mani”!!

Cella in cui dormiva S.Frate Alberto
 [ Pellegrinaggio in Polonia amicibrescianigpII]
Il poeta, in quanto “ visionario”, scorge la “la verità della realtà più vera, più corposa e concreta” ( Claudio Magris, Corriere della Sera), vede ciò che noi non vediamo, si eleva verso mete per noi irraggiungibili e impensabili, si inabissa in profondità a noi oscure. In una parola: “ vede” la vita nella sua più carnale concretezza e ne sente pulsare il cuore vivo; “vede” e “ sente” l’abisso del  Mistero che gli si svela come un’eterna scoperta  d’Amore anche nelle circostanze più buie e drammatiche, dove l’uomo è l’essere ormai deformato dalla malattia mentale ( Alda Merini) o dalla crudeltà della guerra ( Ungaretti, Luzi, lo stesso Karol Wojtyla).

Ma i poeti, a cui è donata una tale facoltà, sono spesso creature fragili, sfacciatamente umane, impudicamente attaccate alla vita, folli…e non sempre “presentabili”; la loro figura  appare quanto mai obsoleta, infantile, se non stravagante, troppo lontana dai clichè ammantati di erudizione e sobria eleganza, così di moda oggi. Le classifiche dei libri, religiosi e non, lo dimostrano senza alcun ragionevole dubbio…nessuna raccolta di poesie nei primi dieci.. A loro, ai poeti, il mondo contemporaneo infatti non chiede le risposte capaci di risolvere problemi “ organizzativi” e pastorali, non chiede “la parola che squadri da ogni lato/l’animo informe” (E. Montale, Ossi di seppia) e non chiede neppure messaggi di ordine morale e spirituale: nell’era della logica, del calcolo, dell’erudizione, delle tesi e contro tesi, della teologia e dell’esegesi, delle forbite argomentazioni, i versi dei poeti possono sembrare un piacevole quanto inutile passatempo. In quante Parrocchie, per esempio, si consiglia ai fidanzati la lettura del dramma “ La bottega dell’orefice”? In Quante parrocchie, per approfondire il tema della “ Carità” si propone agli adulti la lettura de “ Il Fratello del nostro Dio”?

Ma, al di là della moda corrente, l’uomo di oggi, più smarrito e confuso che mai, può trovare solo nel “poeta visionario” le risposte ultime, quelle in grado di rivelargli  la verità sul mondo e su se stesso. Lo aveva compreso bene Alda Merini che, con vero slancio profetico, così parlava del Papa Beato Giovanni Paolo II:

Giovanni Paolo II è stato come la primavera del Cristianesimo, una ventata di energia e di amore. Era un poeta, ed essere poeti è avere il potere del silenzio, perché la parola spesso è silenzio, e il silenzio è la parola.
Anche se gli è venuta a mancare la voce, tutti hanno sentito il suo grido evangelico; egli ha diffuso tra noi le parole non dette che tutte le madri e le donne avrebbero voluto ascoltare

Sì, l’uomo, il  mondo, la Chiesa stessa hanno oggi più che mai bisogno del “ silenzio dei poeti”, la “ parola vera” che più di ogni altra ha in sé la forza eloquente della Verità!!!

sabato 9 giugno 2012

In questa foto non c'è la solennità 
liturgica di oggi, ma siamo veramente certi 
che in quei gesti, compiuti  così faticosamente, 
non si manifesti veramente e totalmente 
il Mistero dell’Eucaristia 
in un’immedesimazione del sacerdote
 di rarissima intensità e profondità? 


Il Beato Giovanni Paolo II, il  vero " teologo" dell Corpus Domini




Polonia,Niepolomice, SS.Sacramento
Chiesa di S. Carlo [ Viaggio amicibrescianiGPII]
Quando nel 1979  Giovanni Paolo II rinnovò la celebrazione del Corpus Domini nella tradizione della diocesi di Roma ,non pochi si chiesero perché proprio un Papa non  italiano, che proveniva per di più da un Paese dell’Est, avesse voluto  ripristinare la Processione per le vie di Roma  che da allora si svolge il GiovedìA conferma di questo, possiamo leggere quanto scrive il Riccardi  “Eletto papa, Giovanni Paolo II si stupì che, per il Corpus Domini, non ci fosse la processione eucaristica per le strade di Roma. L’avrebbe ripristinata, partecipandovi di persona, secondo il tradizionale tragitto da San Giovanni in Laterano a santa Maria Maggiore, malgrado le perplessità del clero romano" [ Andrea Riccardi, Biografia pag. 130]

In effetti, come ha ricordato anche il Card. DziwiszGiovanni Paolo II si stupì non poco constatando che in un Paese in cui veniva riconosciuta come religione di Stato quella cattolica, non si svolgesse la Processione del Corpus Domini a Roma, centro della Cristianità. Tale stupore era giustificato dal fatto che il Cardinale Wojtyla, per anni, aveva lottato contro le autorità perché fosse possibile celebrare pubblicamente  tale ricorrenza così importante e centrale per la vita dei credenti.  Sono in tal senso eloquenti le parole pronunciate dall’Arcivescovo di Cracovia il 19 Giugno 1971, quando, nel corso di un'omelia, così confidò: Bene capite, allora, miei cari, che l’itinerario, oggi percorso, non è stato da me accettato, quanto imposto. Io Metropolita di Cracovia, non potevo accettarlo. Ho fatto le mie rimostranze alle autorità di Cracovia e a quelle superiori del nostro governo, giungendo al Primo Ministro..” E nel 1977 così si esprimeva: “ Voi sapete che da anni intervengo presso le autorità centrali e presso quelle di Cracovia per risolvere la questione della processione..Desidero esprimere a nome di tutta la Comunità cattolica il rammarico per la lentezza con cui viene portata avanti la cosa” e aggiungeva con rammarico non privo  però di speranza: “ Ci duole che nel Rynek ( Piazza principale di Cracovia n.d.r), si possano svolgere molteplici manifestazioni, mentre non può entrarvi il vescovo con il SS.mo Sacramento”. A quale “ cosa” si riferiva Mons. Wojtyla? Egli denunciava il fatto che dal 1939 non fu più consentito alla Chiesa di manifestare pubblicamente la propria fede.
Per Karol Wojtyla, e poi per Giovanni Paolo II, l’adorazione pubblica del SS. Sacramento non rappresentava una sorta di “ prova di forza identitaria”, bensì la testimonianza di un popolo che rende gloria a Dio, che a Lui si rivolge riconoscendo nell’Eucaristia “ la Verità che nutre e dà la vita” ( Omelia Corpus Domini 1977). Come scriverà più tardi, “La Chiesa vive dell'Eucarestia”, che illumina l’esistenza dell’uomo proprio in quanto “ E’ davvero uno squarcio di cielo che sia apre sulla terra, è un raggio di gloria della Gerusalemme celeste, che penetra le nubi della nostra storia e getta luce sul nostra cammino”. In tal modo l’uomo non è solo, non è una monade abbandonata a se stessa, priva di senso e direzione. 
Colui che “ vive dell’Eucaristia” trova in sé la forza di affrontare la fatica e la sofferenza, le delusioni e le sconfitte, i problemi e le gioie; egli  sperimenta anche l’Amore che apre e include ogni essere umano dentro una rinnovata umanità ,la cui sorgente è radicata in Cristo, nel  “ Suo Sangue e nel Suo Corpo”offerti per noi.
Di tutto questo era consapevole il beato Giovanni Paolo II, “ uomo eucaristico”  che, con la semplicità e la tenerezza  del “ bambino di Dio, un giorno, in un documento magisteriale,  così ha confidato : “E' bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto, essere toccati, dall'amore infinito del suo cuore…Quante volte ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno! Da oltre mezzo secolo, ogni giorno, i miei occhi si sono raccolti sull'ostia e sul calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo contratti e il dramma del Golgota si è ripresentato al vivo, svelando la sua misteriosa contemporaneità.”[ Ecclesia de Eucharistia, 2003]
Desideriamo concludere con la testimonianza di  Monsignor Konrad Krajewski, cerimoniere pontificio le cui parole non hanno bisogno di commento. Non è una summa teologica sull’Eucaristia, non è neppure la sintesi di un’omelia di alto respiro, è qualcosa di più, decisamente qualcosa di più….

Ormai il Pontefice non camminava più. Il maestro delle celebrazioni e io lo abbiamo issato con la sedia sulla piattaforma della macchina appositamente preparata per la processione: davanti al Papa, sull'inginocchiatoio, era posto l'ostensorio con il Santissimo Sacramento. Durante la processione il Pontefice si è rivolto a me in polacco, chiedendo di potersi inginocchiare. Sono rimasto imbarazzato da tale domanda, perché fisicamente il Papa non era in grado di farlo. Con grande delicatezza, ho suggerito l'impossibilità di inginocchiarsi, poiché la macchina oscillava durante il percorso, e sarebbe stato molto pericoloso compiere un gesto simile. Il Papa ha risposto con il suo famoso dolce "mormorio". Trascorso un po' di tempo, all'altezza della Pontificia Università "Antonianum", ha ripetuto di nuovo: "Voglio inginocchiarmi!", e io, con grande difficoltà nel dover ripetere il rifiuto, ho suggerito che sarebbe stato più prudente tentare di farlo nelle vicinanze di Santa Maria Maggiore; e di nuovo ho sentito quel "mormorio". Tuttavia, dopo qualche istante, giunti alla curia dei padri Redentoristi, ha esclamato con determinazione, e quasi gridando, in polacco: "Qui c'è Gesù! Per favore...".  

"Qui c'è Gesù! Per favore"....Che catechesi, che lezione per tutti, veramente per tutti, nessuno escluso!!!





sabato 2 giugno 2012


“ Il Papa della famiglia” - 2
Zakopane, Polonia

Nel post precedente abbiamo cercato di sintetizzare l’impegno del Papa prima della sua elezione. Per quanto riguarda la sua azione dopo il 1978, potremmo proporre tutta una serie di documenti, di discorsi, ma preferiamo ricordare solo due circostanze.

Il 13 Maggio 1981, Giovanni  Paolo II avrebbe annunciato due novità assai importanti riguardanti nuovi mezzi di studio e di orientamento pastorale riguardo ai problemi della famiglia, tra cui la fondazione dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, ma,  prima  dell’udienza generale, Giovanni Paolo II viene ferito in piazza San Pietro.


Il 29 Maggio 1994, anno di istituzione dell’Incontro Mondiale delle famiglie, così si espresse  prima della Preghiera dell’Angelus. 


Ho capito che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questo Terzo Millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma ho visto che non basta: bisognava introdurla con la sofferenza, con l'attentato di tredici anni fa e con questo nuovo sacrificio. Perché adesso, perché in questo anno, perché in questo Anno della Famiglia? Appunto perché la famiglia è minacciata, la famiglia è aggredita. Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c'è un Vangelo, direi, superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie.Volevo aggiungere queste riflessioni nel mio primo incontro con voi, carissimi romani e pellegrini, alla fine di questo mese mariano, perché questo dono della sofferenza lo devo, e ne rendo grazie, alla Vergine Santissima. Capisco che era importante avere questo argomento davanti ai potenti del mondo. Di nuovo devo incontrare questi potenti del mondo e devo parlare. Con quali argomenti? Mi rimane questo argomento della sofferenza. E vorrei dire a loro: capitelo, capite perché il Papa è stato di nuovo in ospedale, di nuovo nella sofferenza, capitelo, ripensatelo!

Quali parole più eloquenti possono essere pronunciate da un Papa per promuovere la dignità e la difesa della famiglia??? Che cosa c’è di più dell’offerta di sé?
 “Il Papa della famiglia” - 1

Quando nel 1994 Giovanni Paolo II indisse il primo incontro mondiale delle famiglie, forse non pochi si saranno chiesti le ragioni; forse qualcuno avrà espresso le proprie perplessità ritenendo superflue iniziative pubbliche di tal genere. Chi allora, anche all’interno della Chiesa, si dimostrò stupito, dubbioso,  forse non ricordava o non si rendeva conto di quanto la difesa del valore e della dignità della famiglia rappresentasse la sfida su cui si sarebbe giocato il destino dell’uomo e della società. Ma di questo Giovanni Paolo II era consapevole fin dai tempi del suo ministero sacerdotale ed episcopale a Cracovia quando, insieme ad un altro santo sacerdote, don Jan Pietraszko, diede vita all’ Ambiente”, un gruppo, prima solo  di studenti e giovani, poi di famiglie impegnate a vivere  pienamente la loro vocazione sostenute, aiutate, incoraggiate e guidate dal loro Wujek - Zio ( don Karol Wojtyla).
Come ricorda Przemyslaw Kwiatkowski, docente presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio Famiglia, verso la fine degli anni ’50, « dall’iniziativa di Jerzy Ciesielscy e di don Karol Wojtyla nacque l’idea di fondare  una “famiglia di famiglie”, ossia un gruppo di famiglie cattoliche unite con i legami di amicizia, che pensavano e guardavano la vita in una maniera simile, per scambiare le opinioni sui temi e problemi attuali, per aiutarsi a vicenda, per partecipare insieme agli eventi importanti della famiglie» ( da L’amore e la sua regola pag. 52).  Il gruppo, pur non istituzionalizzato, segue ( è ancora attivo!!)  la “ Regola per il gruppo delle coppie di sposi” scritta da Mons. Wojtyla, pubblicata in Italia solo nel 2009.
 L’iniziativa appare in tutta la sua eccezionalità se si considerano due aspetti per nulla irrilevanti. Innanzitutto gli  incontri avvenivano in un contesto politico e sociale che impediva ogni forma di aggregazione. I giovani e le famiglie, infatti “si incontravano in semiclandestinità”. Inoltre, altro elemento non da sottovalutare, don Karol, anticipando così le conclusione del Vaticano II, elaborava e promuoveva la cosiddetta pastorale familiare insieme a laici, uomini e donne che, attraverso la loro diretta esperienza, aiutavano il loro amico sacerdote a comprendere il vero significato del valore della famiglia, la “ Chiesa domestica” secondo la bellissima definizione dello stesso Giovanni Paolo II . Tutto ciò non accadeva nelle sedi istituzionali né secondo dei progetti predefiniti,  spesso espressioni di una forma di clericalismo, ancora oggi imperante, anche in Italia, bensì dentro un rapporto autentico e profondo vissuto nella quotidianità dell’esistenza, nella concretezza dei problemi, come ricordano i testimoni di questa straordinaria realtà. Si leggano, per esempio, le lettere che don Wojtyla, anche da Arcivescovo, inviava ai suoi amici, lettere da cui emerge un approccio cristiano,quindi reale e umano , nei confronti delle questioni che riguardano la famiglia. Oppure si leggano le testimonianze di Danuta Ciesielscy ( giovane vedova di Jerzy, co-fondatore del gruppo) o di Teresa Malecka le cui parole appaiono molto eloquenti: “era lui [ don Karol] la figura centrale dell’attività escursionistica, religiosa e anche del divertimento.; ma lo era soprattutto quale guida spirituale, partecipe in maniera evidente delle principali decisioni della nostra vita, particolarmente di quelle matrimoniali, sempre presente nella nostra vita familiare nei rapporti con i genitori e poi con i nostri figli e nipoti, interessato alle questioni professionali di ciascuno di noi. Con le diverse nomine ecclesiastiche o malgrado esse Wujek rimaneva sempre con noi in stretti rapporti, simili a legami familiari, a legami che si hanno con il papà e la mamma, Wujek creava un clima di assoluta sincerità, apertura, gli confidavamo anche le nostre questioni più personali, ad ogni tappa della nostra vita .
A tal proposito, rileggiamo quanto disse il Papa in due occasioni
“In riferimento a ciò voglio dire grazie ai miei giovani amici, con l’aiuto dei quali, analizzando i profondi e bellissimi problemi della vita umano, ho scritto “ Amore e responsabilità “ , così, divenuto Papa, esprimerà la sia gratitudine, mentre così scriverà nel libro “Alzatevi, andiamo”, pubblicato nel 2004: “Dall’incontro con i fidanzati, con gli sposi, con le famiglie nacquero la “ La bottega dell’orefice” e lo studio “ Amore e responsabilità” e la  “ Lettera alle famiglie”.” Senza nulla togliere a nessuno, è legittimo  chiederci quanti teologici possano dire altrettanto parlando di un documento pontificio!!
Ma altri segnali indicano la grande e profetica attenzione rivolta da Mons. Wojtyla al grande tema della famiglia.
Il 28 Dicembre 1969, ai fedeli riuniti ricordava che “ Dio, donando all’uomo e alla donna il potere di trasmettere la vita, li ha assimilati al potere divino di “ creare” per cui “ l’opera della creazione continua attraverso la famiglia”. In non rare circostanze, sfidando a viso aperto il potere, denunciava l’arroganza di un sistema che, subdolamente, cercava di annullare la famiglia sottraendole il diritto di essere se stessa. Al termine di un’omelia, con audacia e lungimiranza profetica, così si espresse: “  Non è lecito distruggere la famiglia: essa costituisce l’opera di Dio”.. Quante volte questa frase è stata pronunciata in 26 anni di ministero petrino, quante volte questo suo grido si è alzato in ogni continente, davanti a rappresentanti di regimi democratici o tiranni..quante volte!!!  

E proprio per contrastare il programma di un’ideologia che orava contro l’uomo e la sua dignità, insieme alla sua amica Wanda Poltwaska aprì un Consultorio Familiare, di fatto clandestino, braccio operativo degli studi sulla famiglia che venivano promossi e coordinati dallo stesso Cardinale, ma con la fondamentale collaborazione dei laici.
Come si può constatare, tutto l’insegnamento e l’opera del Beato Giovanni Paolo II hanno sempre avuto come filo conduttore la difesa e la promozione della famiglia dentro un orizzonte cristiano ed umano; egli infatti, come spiega nel ciclo di Catechesi dedicate all’amore umano, coglieva il senso profondo della famiglia, la sua essenza più autentica solo dentro il Mistero Trinitario e, quindi, nella dimensione divina.